Matteo a Rio e un bellissimo sogno (olimpico) targato 44"
- Pubblicato Mercoledì, 10 Agosto 2016 07:29
Olimpia è un sogno targato 44: 44 secondi e qualcosa, anche alto, anche 99. Sì, anche 44" e 99 centesimi andrebbero benissimo per il Matteo's dream. Il "giro della morte"
affascina, i 400 metri ammaliano, si ammantano di storia, di emozioni, di fatica. Bisogna partire forte ma con giudizio, bisogna saper gestire la gara, affrontare le curve con le geometrie scientifiche migliori, e poi affrontare quei cento metri finali, quando la testa inizia a scoppiare, i polmoni si fanno mantici a velocità superiore, le gambe sono aggredite dall'acido lattico e il traguardo sembra all'improvviso lontano ... un chilometro.
Per Matteo Galvan i 400 metri di Rio nascondono un obiettivo tutto suo: andare sotto i 45 secondi. Il ragazzo vicentino, di Bolzano Vicentino, 28 candeline giusto il 24 agosto nel pieno del calendario olimpico, non si accontenta del doppio record italiano. Già durante l'estate è entrato nel mito italiano dei 400: 45"12, nuovo record nazionale che ha schiodato il 45"19 di Barberi che resisteva da ben dieci anni. Un record fatto nella ormai "sua" Rieti per la conquista del titolo italiano, e poi ripetuto ad Amsterdam agli Europei. E' già nella storia dell'atletica italiana ed europea, il biondo-rosso vicentino, ma andare sotto i 45" sarebbe il colpo di genio, di follia. Basti pensare che se lui ha ritoccato il primato di Barbieri 10 anni dopo, quest'ultimo quando fece il 45"19 riscrisse un record datato 25 anni, 1981, by Zuliani, 45"26, il quale aveva a sua volta riscritto i numeri di Marcello Fiasconaro siglati dieci anni prima, nel 1971: 45"49. Proprio lo scoop di Fiasconaro, arrivato dal Sudafrica, strappato al rugby, aveva inaugurato la stagione delle leggende sui 400, con paginate su tutti i giornali, quando il calcio non era ancora una malattia endenica e si sapeva cogliere l'importanza di un'impresa sportiva anche al di là della ripetitiva e spesso autoreferente dipendenza pallonara. Insomma migliorare i 400 è un'impresa di tipo marziano,
E Matteo Galvan, uomo partito dal basso, ci è riuscito. La sua storia, che abbiamo già raccontato qualche anno fa (vedere il link a fine articolo) quando pochi scommettevano su un suo ritorno dopo un periodo difficile e di riordino mentale e fisico, emblematica di chi non si arrende, cade e si rialza. Scoperto a quindici anni da Mario Guerra, un appassionato di atletica che era sempre presente al campo di via Rosmini a Vicenza e che allenava i giovanissimi, e che lo vide correre a una gara studentesca, a sedici anni vinceva già un bronzo al mondiale allievi nel Marocco. Poi sarebbero arrivati l'oro agli Europei indoor di Torino nella 4x400, gli ori e l'argento ai Giochi del Mediterraneo oltre a innumerevoli titoli italiani su 100, 200 e 400. Per valorizzare il suo talento allora Atletica Vicentina mobilità le istituzioni e il paese di Bolzano Vicentino, che si schierò a fianco del giovane talento procurando anche risorse per aiutare il suo cammino. Non a caso anche oggi il suo paese lo incita con uno striscione apparso sulla facciata della scuola media, in centro.
Ci furono poi l'approdo alle Fiamme Gialle, quindi dopo gli anni seguito da coach Pegoraro la trasferta negli Usa alla corte di Seagrave. Infine l'arrivo a Rieti, dove peraltro vinse giovanissimo il suo primo titolo tricolore nei 200 allievi, e dove ha trovato l'amore, con la quattrocentista Maria Benedetta Chigbolu, anche sua compagna di allenamenti seguiti da Chiara Milardi. Matteo è entrato nel cuore dei reatini, ma è rimasto anche in quello della sua terra vicentina. A Rio la samba è quella della gara più difficile, inseguendo un sogno: che è la cosa più bella, che è ciò che nobilita e dà un senso allo sport.
Foto: il selfie di Matteo Galvan e Benedicta Chigbolu in aereo alla partenza per Rio. Lo striscione appeso dai suoi tifosi a Bolzano Vicentino.
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